L’intervento nella malattia cronica /

In quanto psicologa/psicoterapeuta ho partecipato al progetto denominato “Il Cerchio dell’Ascolto” – Centro Ascolto per le Famiglie e i Caregiver – è un progetto volto a sostenere e potenziare la figura del caregiver, ovvero di chi, legato da vincoli familiari o affettivi, assiste la donna affetta da tumore al seno. È colui/colei che sostiene psicologicamente la donna malata, si prende cura dell’igiene, l’alimentazione, i trasferimenti e la mobilizzazione della paziente, si occupa dell’organizzazione dell’ambiente a garantire la migliore qualità di vita della propria assistita, fa da intermediario con i medici, provvede a incombenze quotidiane.

Il cancro colpisce il paziente e la sua prima risorsa di sostegno è “LA FAMIGLIA”. Esso rompe l’equilibro tra i ruoli, impone un cambiamento ed esaspera problematiche già presenti prima dell’insorgenza della malattia. Questa coinvolge a diversi livelli la paziente ed i parenti rendendo difficile la condivisione, la comunicazione e l’intimità delle relazioni; comportando contemporaneamente impegni e responsabilità. Compromette la capacità di progettare insieme, riguardando la realtà psico-fisica della paziente e la realtà psicologica di tutti i familiari.

Molto spesso chi accudisce un malato ha poche occasioni di parlare della sua condizione, delle sue difficoltà, delle sue frustrazioni e speranze, e può sentirsi in colpa se prova disagio, come se non gli fosse permesso soffrire. Un simile atteggiamento è senza dubbio rischioso perché lo stress e la depressione non affrontati adeguatamente, possono portare a conseguenze negative che si trascinano per anni e si ripercuotono anche sul paziente.

Il progetto è stato volto a supportare la paziente nell’espressione dei suoi bisogni e delle sue emozioni, sostenere e potenziare la figura del caregiver che assiste la donna affetta da tumore al seno, offrire la possibilità di condividere in un gruppo le proprie problematiche e migliorare le difficoltà di comunicazione tra medico e paziente. Il percorso si è sviluppato in attività di sostegno e consulenza psicologica individuale e di gruppo.

Il gruppo di sostegno familiare rappresenta un’importante occasione per uscire fuori dall’isolamento sociale offrendo l’opportunità di ri-significare l’evento malattia, inoltre, consente ai partecipanti di sperimentare vissuti di condivisione e partecipazione, dando l’occasione di ampliare la propria gamma delle possibilità confrontando le strategie adottate nella gestione
della malattia da parte di ciascun membro. Quindi il gruppo è un forte acceleratore di cambiamenti e trasformazioni.

Nel corso degli incontri informativi svolti con le pazienti e i caregivers, abbiamo riscontrato difficoltà di adesione al progetto da parte dei caregivers, nonostante l’interessamento mostrato per esso. Per tale motivo solo in pochi hanno partecipato ai nostri gruppi; ma soprattutto è sorta una richiesta impellente da parte dei pazienti di aderire ai gruppi.

Tale richiesta viene letta da noi come una sana esigenza di riappropriazione dei rispettivi spazi di dolore da parte sia delle pazienti che dei caregivers.
L’impatto del cancro nella famiglia crea dei solchi invalicabili tra chi è concentrato sulla propria cura e chi è concentrato sul curarsi dell’ammalato. Aderire pedissequamente con un intervento di supporto a questo modello, crea rigidità nei modelli comportamentali e psicologici e sottolinea ancor più le fantasie persecutorie e invidiose (perché a me si e a loro no?) e gli smacchi narcisistici della paziente, ma soprattutto sottolinea ancor più la fatica del curare e i sensi di colpa dei caregivers.

Ospitare nei gruppi sia le pazienti che i caregivers dà la possibilità di un fruttuoso confronto fra esperienze differenti e dà la possibilità di suddividere in modo maggiormente equo, tra pazienti e caregivers, il dolore e la fatica della malattia. Ma ciò che si è soprattutto riscontrato è stato il senso di gratitudine della paziente nei confronti del caregiver ed il piacere da parte di quest’ultimo di poter ricevere un sostegno psicologico con l’ammalato. Inoltre ho accolto gli sfoghi emotivi delle pazienti, le fantasie persecutorie, i sensi di colpa e la rabbia (dovuta anche a smacchi narcisistici) relative alla malattia.

Dalla nostra esperienza appare, dunque, lampante che introdurre le pazienti nel lavoro di sostegno del gruppo di caregivers, è una risorsa e una rottura degli schemi che si stanno cronicizzando da non sottovalutare.

Inoltre abbiamo ricevuto alcune richieste di partecipazione da parte sia di parenti con problematiche oncologiche diverse dal tumore al seno, che di loro caregivers.

È mio parere, che poichè tali problematiche oncologiche richiedono più tempo di cura hanno quindi una maggiore necessità di sostegno psicologico del parente e del caregiver. Pertanto l’esperienza di tali partecipanti può essere un’ulteriore risorsa nel gruppo, che è a questo punto preferibile pensare maggiormente eterogeneo sia per malattia che per rapporto con la malattia. Ciò può creare canali comunicativi e possibili nuove soluzioni non riscontrabili in un gruppo, invece, più omogeneo e appiattito sulla stessa malattia che può rappresentare una riedizione di quello che già vivono.

Gli strumenti utilizzati nel Cerchio Dell’ascolto sono stati il Gruppo, la conduzione da parte di una Coppia di Psicoterapeuti e la Supervisione.

Gli obiettivi principali perseguiti sono stati, individuare i principali vissuti di disagio e promuoverne l’espressione; facilitare la comunicazione ed il sostegno circolare tra i partecipanti.

Le fasi del progetto sono state tre:

1. Presentazione e sensibilizzazione; attraverso convegni, incontri con i medici oncologici e un servizio di accoglienza per i pazienti ed i caregivers.

2. Creazione del primo gruppo di caregivers e pazienti di prima diagnosi.

3. Creazione del secondo gruppo di caregivers e pazienti recidivanti.

Gli interventi integrati oncologo – psicologo hanno favorito la comprensione e accettazione della diagnosi da parte del paziente.

L’accoglienza psicologica di un paziente allargata al caregiver ha favorito la circolazione delle informazioni nella famiglia, potenziando la resilienza familiare.
I gruppi informativi medico – psicologo – paziente – caregiver hanno migliorato la diffusione dell’informazione medica contribuendo a una maggiore accettazione della diagnosi da parte del paziente e della famiglia; chiarendo e potenziando la conoscenza e il decorso della malattia da parte del paziente e del familiare, aumentando la compliance alle terapie.
Infine i gruppi di supporto psicologico pazienti - caregivers, hanno promosso la condivisione del vissuto emotivo del paziente e del caregiver favorendo da parte di quest’ultimo il riconoscimento e la verbalizzazione dei bisogni emotivi consentendogli di affrontarli e facilitando la circolazione dell’informazione e della comunicazione prevenendo la “congiura del silenzio”; in questa condizione l’ansia e il distress sono state ridotte ed è stata favorita una migliore gestione del percorso di cura.

I gruppi sono stati un luogo privilegiato di ascolto e osservazione della famiglia intorno all’evento malattia, trasformandosi da gruppo di supporto condotto dalla coppia di psicoterapeute ad un vero e proprio gruppo di auto-aiuto auto-gestito sotto la supervisione della coppia di psicoterapeute.

Lascia il tuo commento

Utilizza il form qui in basso compilandolo in ogni sua parte per lasciare il tuo commento. I commenti sono soggetti a moderazione e saranno pubblicati solo dopo l'autorizzazione dell'amministratore.

Testimonianze

D.L.

Così trovai da sola la Dottoressa Rendina e iniziai in segreto la mia psicoterapia. Fu un percorso molto produttivo. Dopo un primo momento, che durò qualche mese, di crisi e disorientamento, presi consapevolezza di mè, di cosa volevo, di quali erano i miei difetti che mi avevano incastrato in quella relazione, di quali erano le mie responsabilità...
D.L.

G.A.

Il mio nome è G.A. ho 80 anni e sono il caregiver di una donna a me cara operata al seno. L’ho accompagnata alle visite e lungo tutto il suo percorso, fino ad approdare assieme dalla Dottoressa Rendina Margherita. 
G.A.

M.V.

La mia esperienza inizia come ammalato e poi si trasforma in caregiver. 
Infatti all’inizio del 1999, nel mese di Marzo e poi nel mese di Maggio per strada e, fortunatamente vicino casa, improvvisamente perdevo feci in abbondanza, come se qualcosa mi scoppiasse dentro e spingesse tutto fuori.
M.V.

Per richiedere una CONSULENZA ONLINE clicca qui »