Tossicodipendenza /

Il DSM IV diagnostica la dipendenza da sostanze come “una modalità patologica d’uso della sostanza che conduce a menomazione o a disagio clinicamente significativi […]”, aprendo in tal modo la porta ad una moltitudine di domande. Quella che in particolare emerge con maggiore frequenza è: perché, con tutto quello che chiunque conosce o può conoscere su conseguenze e pericoli derivanti dall’assumere droghe, ancora c’è chi ne fa uso?

Nel percorso terapeutico si affronta l’argomento in termini di comportamento sintomo, e di risposta non adattiva dell’Io ai problemi postigli dall’Es, dal Super-io e dall’ambiente esterno.

Si affronta dunque il problema della tossicodipendenza cercando di evitare pregiudizi ed immagini stereotipiche, ovvero soluzioni semplici ed approssimative ad un problema intricato e complesso come quello della tossicodipendenza. Si cerca dunque di comprendere quali possano essere le motivazioni che portano specifici soggetti ad assumere determinati comportamenti e, soprattutto, ad utilizzare una particolare sostanza: ogni sostanza fornisce, infatti, specifiche e proprie risposte fisiologiche alle necessità che vive in quello specifico momento il soggetto caduto nel comportamento deviante tossicomanico. In tale prospettiva, vengono sintetizzate le motivazioni principali che si celano nella scelta di una specifica sostanza, aspetto questo che conduce all’altro concetto cardine della mia tecnica terapeutica (oltre quello di una vera e propria carriera deviante) per la tossicodipendenza: l’automedicazione.

La sostanza stupefacente viene dunque vista come una delle tante risorse utilizzate dalle persone per far fronte alle proprie esigenze ed ai propri bisogni. Si affrontano inoltre anche gli aspetti di ereditarietà, non tanto del comportamento d’uso di sostanze, quanto dei meccanismi difensivi e dei processi che si celano dietro la presa di certe decisioni, ed i tratti di personalità che, sommati ad ulteriori ed aspecifiche condizioni ambientali, portano all’assunzione di quel determinato comportamento deviante. In tale contesto esso è sintomo di ben altre circostanze o sofferenze rispetto a quelle rappresentate da affermazioni del tipo: “non riuscivo a superare le difficoltà giornaliere e mi ha dato una mano” oppure “soffrivo così tanto che ne avevo bisogno per sopravvivere” o, infine, “per fare qualcosa di diverso!”. Cerco a tal proposito di fornire delle spiegazioni significative.

Si esamina infine il problema della tossicodipendenza in una prospettiva familiare, per giungere, come conclusione, ad un’analisi del modo in cui le società moderne affrontano il problema, a volte addirittura finendo per catalizzare l’uso di droghe o per ghettizzare i suoi consumatori, tramite il ricorso a leggi eccessivamente severe e sanzionatorie: l’effetto primario che ne deriva è il rafforzamento del comportamento sintomo, dovuto all’identificazione del soggetto nell’immagine che si sente cucita addosso dagli altri.   L’obbiettivo finale del nostro percorso terapeutico sarà, infatti, quello di cucirsi addosso un’immagine più realistica ed aderente al proprio Io (ristrutturato e riabilitato).

 

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Testimonianze

M.V.

La mia esperienza inizia come ammalato e poi si trasforma in caregiver. 
Infatti all’inizio del 1999, nel mese di Marzo e poi nel mese di Maggio per strada e, fortunatamente vicino casa, improvvisamente perdevo feci in abbondanza, come se qualcosa mi scoppiasse dentro e spingesse tutto fuori.
M.V.

D.L.

Così trovai da sola la Dottoressa Rendina e iniziai in segreto la mia psicoterapia. Fu un percorso molto produttivo. Dopo un primo momento, che durò qualche mese, di crisi e disorientamento, presi consapevolezza di mè, di cosa volevo, di quali erano i miei difetti che mi avevano incastrato in quella relazione, di quali erano le mie responsabilità...
D.L.

G.A.

Il mio nome è G.A. ho 80 anni e sono il caregiver di una donna a me cara operata al seno. L’ho accompagnata alle visite e lungo tutto il suo percorso, fino ad approdare assieme dalla Dottoressa Rendina Margherita. 
G.A.

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